meditazione

INQUIRY

È una tecnica di crescita personale che permette di “indagare” gli strati della consapevolezza fin nelle profondità dell’essere.
Permette di far luce nell’inconscio per rendere nuovamente disponibili risorse perdute o far affiorare nuove consapevolezze uscendo così dalla schiavitù degli automatismo egoici.

Istruzioni

si può lavorare a coppie, con turni di comunicazione ed ascolto, oppure da soli rivolti verso una parete o ancora scrivendo di getto e senza ricontrollare, su di un foglio.

Può avere durate variabili ed indagare le più disparate tematiche umane.
Non ci sono limiti di tempo, il minimo consigliabile è di 10 minuti a testa per un totale di 20 tra comunicazione ed ascolto. 

L’inquiry si divide in due parti: la prima per attivare ed indagare una tematica, la seconda per farne esperienza nel momento nel corpo e nel momento presente. A volte si sceglie un tempo per la prima parte ed un tempo per la seconda, altre si fa tutto nei minuti stabiliti all’inizio, lasciando alla persona la possibilità di decidere quando è il momento di cominciare ad indagare il momento presente.

I QUATTRO PILASTRI

Sono quattro tendenze innate dell’animo umano che si possono coltivare con la pratica e ci guidano nell’inquiry.

1 – Amore per la Verità
la guida 

Nell’inquiry si usa per sostenere il processo di crescita, per andare oltre gli autoinganni della mente. È come una lanterna che fa luce nel buio dell’inconscio, distingue il falso dal vero, le scorie dalle risorse.

Praticare l’amore per la verità vuol dire non concedere sconti all’ego, essere pronti a smascherarsi a qualunque costo . 

2 – Curiosità e leggerezza
il come

Sono il mezzi che usiamo per navigare nell’ignoto, senza curiosità non c’è indagine e senza leggerezza non c’è piacere .

Praticare curiosità vuol dire ricordarsi che qualunque esperienza si viva la si sta vivendo da un punto di vista che non è l’unico possibile, così nascerà istintivamente il desiderio di chiedersi cosa c’è oltre .

Praticare leggerezza non vuol dire togliere impegno ma ricordarsi che tutto scorre, da questo punto di vista la leggerezza diventa di supporto all’esplorazione, da la possibilità di fare esperienze intense, anche difficili, passandoci attraverso senza rimanerne impigliato . 

3 – Stare nel corpo
la presenza 

Praticare presenza vuol dire entrare in connessione col corpo, esplorarlo ed accorgersi che è un viaggio senza fine, fatto di mille nuove sfumature ogni volta che ci si porta attenzione.

Questo è il mezzo di trasformazione, il modo per avviare un cambiamento radicale nelle abitudini disfunzionali che di solito si verificano solo nella mente e non coinvolgono il corpo (e che di conseguenza sperimenta una serie di sofferenze). Quando invece si include il corpo nell’esperienza, si apre una prospettiva completamente nuova ricca di risorse a cui attingere.

4 – Riconoscere di non sapere
la libertà

L’idea di sapere è deleteria per la pratica, perché il momento presente si svela attimo dopo attimo. Pensare di sapere cosa sta per succedere è un modo che ha l’ego per tenerci attaccati ad una dimensione mentale: come il futuro o il passato. Ad esempio sappiamo che i ricordi con il tempo si modificano e vengono rielaborati in funzione del vissuto presente e uno stesso avvenimento risulta differente rispetto all’esperienza soggettiva di ciascuno.

Praticare il non sapere sostiene gli altri tre pilastri, l’unico momento che posso davvero conoscere è questo. Ciò che accade non è un processo di conoscenza, ma piuttosto una continua esplorazione. Può accadere che insieme all’esperienza esplorativa avvengano delle comprensioni a livello mentale, ma anche questo è soltanto uno degli eventi che stanno accadendo nel momento presente.

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